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IN ITALIA OLTRE 25 MILIONI DI MALATI CRONICI, IN TESTA ARTRITE E ARTROSI

Oltre 25 milioni di italiani sono affetti da una malattia cronica e 7,6 milioni in modo grave.

Le donne sono le piu’ colpite e in testa alla classifica si trovano artrosi, artrite e ipertensione arteriosa. Ma, nonostante il cambiamento che ha investito il Servizio sanitario nazionale negli ultimi anni con il potenziamento dei servizi territoriali e domiciliari, i pazienti continuano a lamentare difficolta’ di accesso ai servizi, inadeguatezze delle prestazioni e disparita’ tra le aree del Paese. E’ quanto emerso durante la ”Prima conferenza italiana sull’accesso alle cure nelle malattie croniche”.

Secondo i dati Istat piu’ recenti il 45,6% della popolazione al di sopra dei 6 anni e’ affetto da almeno una malattia cronica. In tutto piu’ di 25 milioni di persone, delle quali 8,1 milioni risultano affetti 

contemporaneamente da tre o piu’ malattie croniche. I dati sulla diffusione delle cronicita’ per classi di eta’, smontano un luogo comune che individua la cronicita’ come un problema della Terza Eta’. In realta’ ne soffrono 7,6 milioni di italiani tra i 6 e i 44 anni e di questi 2 milioni figurano nella fascia di eta’ tra i 6 e i 24 anni. La cronicita’ diventa invece un ”affare” della Terza Eta’ soprattutto nei casi di patologie croniche gravi o nella multi cronicita’ dove oltre il 60% delle persone colpite ha piu’ di 65 anni. Per quanto riguarda invece il tipo di malattia cronica, le piu’ diffuse in assoluto sono: l’artrosi/artrite (che colpisce il 18,3% degli italiani con piu’ di 6 anni di eta’) l’ipertensione arteriosa (13,6%) e le malattie allergiche (10,7%).

Le patologie croniche si manifestano in maniera diversa nella popolazione maschile e femminile. Quelle a netta prevalenza femminile sono l’artrosi/artrite (21,8% contro 14,6%), l’osteoporosi (9,2% contro l’1,1%) e la cefalea (10,5% contro il 4,7%). Quelli a prevalenza maschile la bronchite cronica/enfisema (4,8% contro 4,2%) e l’infarto (2,4% contro 1,1%). Quasi per tutte le patologie si osserva un incremento all’avanzare dell’eta’. Fanno eccezione alcune patologie quali la cefalea o l’emicrania ricorrente, e soprattutto le malattie allergiche che sono piu’ diffuse nelle eta’ giovanili.

Per quanto riguarda le cronicita’ piu’ gravi (diabete, infarto del miocardio, angina pectoris o altre malattie del cuore, ictus, emorragia cerebrale, bronchite cronica, enfisema, cirrosi epatica, tumore maligno inclusi linfoma/leucemia, parkinsonismo, Alzheimer, demenze senili), ne risulta colpito il 13% della popolazione.

Mentre il 14,7% risulta affetto contemporaneamente da tre o piu’ malattie croniche. Piu’ svantaggiate in quest’ultimo caso le donne che, per tutte le classi di eta’, presentano tassi di multicronicita’ significativamente piu’ alti (17,2%) rispetto agli uomini (10,3%), anche se nell’eta’ anziana sono meno colpite degli uomini da patologie croniche gravi (38,9% contro 45,5%).

Il tema della cronicita’ si intreccia in modo indissolubile con quello della disabilita’ e non autosufficienza. Secondo il ”Rapporto sulla non autosufficienza in Italia 2010”, sono 2.600.000 le persone in condizione di disabilita’ che vivono in famiglia, pari al 4,8% della popolazione.

L’indagine non tiene pero’ conto dei minori di 6 anni, che si stimano essere attorno a 200.000. Ben 2.000.000 di disabili sono persone anziane. La disabilita’ cresce infatti con l’eta’: e’ pari al 9,7% della fascia di popolazione dai 70-74 anni, cresce fino al 17,8% nella fascia dai 75-79 anni per raggiungere il 44,5% degli ottantenni. La percentuale delle persone con disabilita’ di sesso femminile (6,1%) e’ il doppio di quella maschile (3,3%). Le malattie cronico-degenerative affliggono, con almeno una malattia grave, il 59,4% degli individui con disabilita’. Questo carico ricade molto spesso sulle famiglie che rappresentano una risorsa fondamentale per affrontare le limitazioni derivanti carenza di servizi assistenziali. Secondo l’Istat, e’ pari al 10,3% la quota delle famiglie con almeno una persona con problemi di disabilita’. Nel 41,8% dei casi si tratta di persone disabili che vivono sole (35,4%) o di persone disabili che vivono con altre persone disabili (6,4%). Nella maggioranza delle famiglie (58,3%), al contrario, c’e’ almeno una persona non disabile che puo’ farsi carico delle persone con disabilita’ che fanno parte della famiglia.

Quanto all’assistenza, quasi l’80% delle famiglie con persone disabili non risulta assistita dai servizi pubblici a domicilio. E la carenza assistenziale non e’ colmata neppure dai servizi domiciliari (non sanitari) a pagamento: sono oltre il 70% le famiglie che non si avvalgono di alcuna assistenza, ne’ privata ne’ pubblica. Il 31,9% delle persone disabili che sono sole e il 46,8% delle famiglie in cui tutti i componenti sono disabili dichiarano che avrebbero bisogno di assistenza sanitaria a domicilio erogata dalla Asl.

Il forte impatto delle malattie croniche ha comportato l’avvio di un radicale processo di trasformazione nel Servizio sanitario nazionale che puo’ essere sintetizzato in un progressivo spostamento dell’offerta di servizi sanitari dall’ospedale al territorio – che assorbe ormai il 51% delle risorse generali destinate al SSN (Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2007-2008) – e di una riorganizzazione dell’offerta ospedaliera con un maggiore spazio destinato alla riabilitazione, alla lungodegenza, alle cure palliative.

Un notevole dispiegamento di forze che pero’ e’ insufficiente a fornire equita’ di accesso a un’assistenza adeguata.

Infatti, secondo i pazienti cronici, ci sono delle lacune da colmare: distribuzione non omogenea sul territorio nazionale di centri di diagnosi, cura e riabilitazione, con conseguente ritardo nella diagnosi, liste di attesa e fenomeni di migrazione sanitaria, soprattutto lungo la direttrice Sud-Nord; scarsa attenzione dell’assistenza sanitaria di base a una presa in carico proattiva del paziente e alla sua formazione alla gestione della malattie e ai fattori di rischio; discontinuita’ tra l’assistenza sanitaria di base e quella specialistica; difficolta’ di accesso ai farmaci, dovuta talvolta alla loro non rimborsabilita’ talaltra alla disomogeneita’ tra le diverse Regioni (e’ per esempio il caso dei mancati o tardivi inserimenti dei farmaci nei Prontuari farmaceutici regionali). E ancora: un approccio ”monodimensionale” ai ricoveri ospedalieri, con scarsa integrazione delle diverse tipologie di professionisti nell’erogazione delle prestazioni; insufficienza delle ore dell’assistenza domiciliare integrata e della riabilitazione e mancato accesso gratuito ai dispositivi

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