Sono i pazienti con artrite reumatoide e ridotta attività di malattia quelli che hanno le probabilità maggiori di
rimanere in remissionedopo il passaggio alla monoterapia.
Sono i pazienti con artrite reumatoide che presentano una ridotta attività di malattia quelli che hanno le probabilità maggiori di rimanere in remissione dopo il passaggio dalla terapia combinata alla monoterapia.Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su the Journal of Rheumatology.
Lo studio prende le mosse da un’analisi di regressione logistica univariata che si proponeva di identificare i fattori al basale associati alla persistenza della remissione dopo la sospensione dei farmaci nello studio SEAM-RA.
In questa pubblicazione, i ricercatori hanno condotto una valutazione più rigorosa, utilizzando l’analisi di regressione logistica multivariata per identificare i fattori associati al mantenimento della remissione, sia con la terapia combinata che dopo il passaggio alla monoterapia.
Razionale e disegno dello studio
Per studiare i fattori che possono essere legati al mantenimento della remissione nei pazienti con AR che passano dalla terapia di combinazione alla monoterapia, Curtis e colleghi hanno condotto SEAM-RA, uno studio di fase 3, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato. L’analisi comprendeva un periodo di screening di 30 giorni, un periodo di run-in in aperto di 24 settimane, un periodo di trattamento in doppio cieco di 48 settimane e 30 giorni di follow-up di sicurezza.Sono stati inclusi i pazienti di età pari o superiore a 18 anni, affetti da AR e che stavano assumendo etanercept e metotrexato da 6 o più mesi prima dell’arruolamento. I pazienti sono stati esclusi dallo studio se andavano incontro ad un peggioramento della malattia durante il periodo di run-in.Durante il periodo di run-in, i pazienti sono stati trattati con etanercept e metotrexato a livelli coerenti con quelli che ricevevano prima dell’arruolamento. Dopo il periodo di run-in, i 253 pazienti che hanno mantenuto la remissione – definita da punteggi SDAI (Simplified Disease Activity Index) pari o inferiori a 3,3 – sono stati randomizzati, secondo uno schema 2:2:1, a trattamento con etanercept 50 mg più placebo, metotrexato da 10 mg a 25 mg più placebo, oppure etanercept 50 mg più metotrexato da 10 mg a 25 mg. I pazienti che presentavano un peggioramento della malattia durante questo periodo sono stati sottoposti a terapia di salvataggio.
Risultati principali
Tra i fattori legati al successo del trattamento o alla remissione iniziale vi erano l’età più giovane, la maggiore durata della terapia con metotrexato e la minore gravità della malattia in generale.
Nell’analisi di regressione logistica multivariata condotta in questo studio, invece, tra i fattori legati al mantenimento della remissione o della bassa attività della malattia vi erano una riduzione dei punteggi di valutazione globale dell’attività della malattia da parte del paziente, livelli più bassi di proteina C-reattiva, la sieronegatività al fattore reumatoide, una maggiore durata dell’AR durante il trattamento con metotrexato e una minore durata della terapia con etanercept.
Riassumendo
In conclusione, i dati di questa analisi dello studio SEAR-RA suggeriscono che i pazienti con attività di malattia complessivamente più bassa presentato maggiori probabilità di raggiungere e rimanere in remissione/LDA con lo SDAI. “In particolare – sottolineano i ricercatori – lo stato di sieronegatività al fattore reumatoide negativo e i punteggi PtGA più bassi sono risultati associati alla probabilità di rimanere in remissione/LDA con la monoterapia con metotrexato o etanercept.
Fonte: Corriere nazionale